Ad una conferenza tenutasi lo
scorso mese di Aprile presso la Columbia University, il fisico teorico Nima Arkani-Hamed dell’Institute for Advanced Study di Princeton, ha discusso alcuni recenti
risultati dalle implicazioni contraddittorie relativi agli esperimenti condotti
al Large Hadron Collider (LHC).
“L’Universo è inevitabile, l’Universo è impossibile”, ha commentato Arkani-Hamed. La spettacolare
scoperta di una particella le cui proprietà sembrano essere consistenti con
quelle del bosone di Higgs, così come è stato annunciato dai fisici del CERN lo
scorso 4 Luglio 2012 (post1; post2), ha confermato una vecchia teoria introdotta negli
anni ’60 da Peter Higgs che spiegherebbe il meccanismo mediante il quale le
particelle elementari acquisiscono la massa, fino a determinare la formazione
di strutture complesse, come le stelle e le galassie, inclusa la vita stessa. “Il fatto che abbiamo osservato questa
particella nel punto in cui ce l’aspettavamo è un trionfo della teoria e degli
esperimenti ed è inoltre una indicazione del fatto che le leggi della fisica
funzionano”, dice Arkani-Hamed. Nonostante ciò, prima di capire quale fosse la massa del
bosone di Higgs, gli esperimenti condotti all’LHC hanno prodotto tutta una
serie di altre particelle che non si sono dimostrate essere la famigerata “particella
di dio”. Con la scoperta di una sola particella, gli esperimenti del grande
collisore adronico hanno permesso di approfondire uno dei grandi problemi della
fisica che è stato dibattuto per decenni. Le equazioni sembrano quasi ‘catturare’
l’essenza della realtà con grande accuratezza e prevedono in maniera corretta non
solo i valori delle costanti fisiche della natura ma anche l’esistenza di particelle
come il bosone di Higgs. Tuttavia, i valori di alcune costanti fondamentali, come ad
esempio la massa del bosone di Higgs, appaiono ancora estremamente differenti da
quelli previsti dalle equazioni al punto tale che non dovrebbero permettere l’esistenza
della stessa vita. Ma qualche scienziato ritiene che l’Universo sia strutturato
perchè esista qualche strano e sconosciuto meccanismo di ‘aggiustamento’ dei
valori delle costanti. Il concetto di ‘naturalità’ potrebbe essere in pericolo,
cioè il sogno di Albert Einstein secondo cui le leggi della natura sono
sublimi, inevitabili e autoconsistenti. Senza questa ipotesi, i fisici si
troverebbero davanti ad una difficile prospettiva per cui le leggi della fisica
sarebbero una sorta di insieme di fluttuazioni casuali, arbitrarie e caotiche
presenti nel tessuto dello spaziotempo. In altre parole, anche se non tutti
sono d’accordo, Arkani-Hamed e altri fisici di fama mondiale stanno prendendo
sul serio la possibilità che il nostro Universo potrebbe non essere ‘naturale’.
“Dieci o venti anni fa, ero convinto del
concetto di naturalità”, dice Nathan Seiberg dell’Institute for AdvancedStudy di Princeton, “ma oggi non ne sono
certo. La mia speranza è che esista qualcosa su cui non abbiamo ancora
riflettuto, forse qualche altro meccanismo che potrebbe spiegarci tutte queste
cose. Ma non vedo quale potrebbe essere”. I fisici ritengono che se l’Universo
non è fisicamente naturale, cioè è caratterizzato da alcune costanti fisiche fondamentali
che sono estremamente improbabili per permettere forme di vita, allora deve
esistere un numero elevato di altri universi per far sì che possa esistere
anche il nostro, ritenuto improbabile. Altrimenti la domanda è: perché il
nostro Universo dovrebbe essere tale da renderci così fortunati? L’idea di una ‘non
naturalità’ dovrebbe rafforzare l’ipotesi del multiverso secondo la quale il
nostro Universo sarebbe uno dei tanti infiniti ed inaccessibili ‘universi-bolla’.
Secondo la teoria delle stringhe, ce ne sarebbero 10500 e in
qualcuno di essi i valori delle costanti fisiche fondamentali che osserviamo potrebbero
essere dovuti a qualche meccanismo di ‘autocancellazione’. In base a queste
ipotesi, niente di questo Universo risulta inevitabile e ciò lo rende
imprevedibile. Edward Witten, un famoso teorico delle stringhe che lavorapresso l’Institute for Advanced Study di Princeton, dice: “Sarei personalmente felice se il concetto di multiverso non fosse
esatto, in parte perché esso limita virtualmente la nostra capacità di
comprendere le leggi della fisica. Ma nessuno di noi è stato ‘consultato’
quando è stato creato l’Universo”. Secondo Raphael Bousso, un fisico dellaUniversity of California a Berkeley, molti scienziati odiano il concetto di
multiverso. “Non credo”, dice, “che dobbiamo analizzare questi concetti dal
punto di vista emotivo. Si tratta di una possibilità logica che sta prendendo
sempre più piede grazie alla mancanza di un principio di naturalità così come
sembra emergere dagli esperimenti condotti all’LHC”. Nel 2015, quando sarà
nuovamente operativo, ciò che LHC permetterà di scoprire, o di non scoprire, favorirà
una tra due possibilità: 1) o viviamo in un Universo estremamente complicato e a sé
stante, oppure 2) facciamo parte di un ‘universo-bolla’ speciale che fa parte
di un multiverso. Forse, tutto questo lo scopriremo tra cinque o dieci anni,
quando i fisici delle particelle saranno in grado di elaborare e realizzare esperimenti di alta energia sempre più sofisticati.
Coincidenza cosmica
Per tutto il XX secolo, la
convinzione che le leggi della natura siano armoniose, e perciò ‘intrinsecamente
naturali’, si è dimostrata una guida attendibile verso la ricerca della verità.
Secondo Arkani-Hamed, le costanti della natura, cioè la massa delle particelle
e altre proprietà fissate che caratterizzano il nostro Universo, emergono
direttamente dalle leggi della fisica anziché essere il risultato improbabile
di eventuali autocancellazioni. Ogni qualvolta una costante appariva ‘sintonizzata’
sul suo valore naturale, un pò come se fosse stata magicamente modificata per
tener conto di determinati effetti, i fisici hanno sempre sospettato che
mancasse qualcosa. Avrebbero cercato ed inevitabilmente trovato qualche
particella o qualche caratteristica che materialmente modificasse la costante,
ovviando così ad un eventuale meccanismo di autocancellazione. Ma questa volta,
le proprietà di autoregolamentazione, per così dire, dell’Universo sembrano
fallire. Secondo i dati prodotti dagli esperimenti di LHC, il bosone di Higgs
ha una massa di 126 GeV e le interazioni con le altre particelle note
dovrebbero sommare circa 1018 GeV alla sua massa. Ciò implica che
esiste un meccanismo che determina una cancellazione quasi perfetta da portare
la cosiddetta ‘massa nuda’ del bosone di Higgs al valore di 126 GeV. Ora, i
fisici sono passati attraverso tre generazioni di acceleratori alla ricerca di
nuove particelle previste dalla supersimmetria, una teoria estensione del
modello standard delle particelle elementari, che dovrebbe portare la massa del
bosone di Higgs al valore osservato, così come l’interazione con le altre
particelle ne determinerebbe l’incremento della sua massa. Ma finora, essi sono
rimasti a mani vuote. LHC dovrebbe esplorare scale di energie ancora più
elevate ma anche se si troveranno nuove particelle, esse saranno quasi
certamente troppo pesanti per influenzare la massa del bosone di Higgs nel modo
appropriato che risulterà perciò 10 o 100 volte ancora troppo leggero. I
teorici, però, non sono d’accordo sul fatto che ciò possa essere vero in un
Universo naturale e a sé stante. “Forse
succede che la massa del bosone di Higgs venga leggermente modificata”, dice
Lisa Randall dell’Harvard University. Tuttavia, Arkani-Hamed è convinto che
modificare di poco la massa del bosone di Higgs è come dire avere una sorta di ‘particella
incinta’, non esiste proprio. Se poi non si troveranno nuove particelle e la massa
del bosone di Higgs rimane modificata per un valore estremamente elevato, cioè
di 18 ordini di grandezza, allora l’ipotesi del multiverso tornerà alla ribalta
a grandi passi. “Ciò non vuol dire che l’ipotesi
del multiverso sia corretta”, spiega Bousso, “ma implica che sia l’unica ipotesi in gioco”. Alcuni fisici, come
Joe Lykken del Fermi National Accelerator Laboratory e Alessandro Strumia dell’Universitàdi Pisa, parlano di una terza ipotesi. Essi ritengono che bisognerebbe
dissociare gli effetti che hanno le altre particelle sulla massa del bosone di
Higgs per cui quando essa viene determinata in maniera differente, essa dovrebbe apparire in maniera naturale. Questo concetto di ‘naturalità modificata’ viene meno
quando si considerano nei calcoli altre particelle, come quelle sconosciute
che costituiscono la materia scura, anche se questo approccio poco ortodosso potrebbe
fornire altre idee. Ad ogni modo, l’idea di una naturalità modificata non può
risolvere un problema di naturalità ancora più grande: il fatto cioè che l’Universo
non venne inizialmente distrutto dalla sua stessa energia subito dopo il Big
Bang.
Un oscuro dilemma
L’energia dello spazio vuoto, nota
anche come energia del vuoto, energia scura o costante cosmologica, è
straordinariamente 120 ordini di grandezza più piccola rispetto al suo valore
naturale e non esiste alcuna teoria che può risolvere questo problema teorico
decisamente imbarazzante. È chiaro, però, che la costante cosmologica debba
essere enormemente ‘sintonizzata’ per prevenire un rapido collasso
gravitazionale di tutta la materia presente nell’Universo e quindi per
permettere alla vita stessa di esistere. Per spiegare questo concetto, negli
ultimi decenni si è fatta strada l’ipotesi del multiverso al punto da ricevere
una sua credibilità nel 1987 quando il Premio Nobel Steven Weinberg, oggiprofessore di fisica all’University of Austin in Texas, calcolò che la costante
cosmologica del nostro Universo fosse attesa anche nell’ambito
dello scenario del multiverso. Tra tutti i possibili universi capaci di
supportare la vita, quelli cioè che possono essere osservati e contemplati in
primo luogo, il nostro è tra quelli meno autoregolati. “Se la costante cosmologica fosse più grande di quella osservata,
diciamo di un fattore 10, non avremmo galassie”, spiega Alexander Vilenkin,un cosmologo di fama mondiale che lavora presso la Tufts University. “Viene difficile pensare come la vita
potrebbe esistere in questo tipo di universo”. La maggior parte dei fisici
delle particelle speravano che si trovasse una spiegazione più plausibile del
problema relativo alla costante cosmologica. Ma nessuno ce l’ha. Ora, dicono i
fisici, il valore non naturale della massa del bosone di Higgs rende il
problema del valore non naturale della costante cosmologica ancora più
importante e significativo. Arkani-Hamed ritiene addirittura che i due problemi
siano correlati. “Non abbiamo una ricetta
di base per comprendere il nostro Universo. È molto grande e contiene cose
molto grandi”. Il concetto di multiverso divenne un argomento importante
nel 2000 quando Bousso e Joe Polchinski, un fisico teorico dell’University ofCalifornia a Santa Barbara, trovarono un meccanismo che dava luogo ad un
insieme di universi paralleli. La teoria delle stringhe, una ipotetica ‘teoria
del tutto’ che si basa sull’esistenza di stringhe vibranti infinitesimali,
afferma che lo spaziotempo sia caratterizzato da 10 dimensioni, cioè le 3
dimensioni spaziali a cui siamo abituati più 1 dimensione temporale, e poi ci
sono 6 dimensioni extra arrotolate o compattificate in ogni punto dello
spaziotempo quadridimensionale. Bousso e Polchinski hanno
calcolato che esistono circa 10500 modi differenti con cui le 6
dimensioni extra possono essere arrotolate nello spazio quadridimensionale
producendo così un insieme estremamente enorme di possibili universi. In altre
parole, qui non è richiesto il concetto di naturalità. Dunque, non esiste un
singolo universo, inevitabile e perfetto. “I
fisici delle particelle, specialmente i teorici delle stringhe, avevano il
sogno di prevedere in maniera univoca le costanti della natura”, dice
Bousso. “Qualsiasi cosa dovrebbe saltar fuori
semplicemente dalla matematica e noi abbiamo detto: ‘Guardate, non può
succedere e c’è una ragione per cui non sia così. Stiamo pensando a tutto
questo nella maniera sbagliata’”.
Vita nel multiverso
Nello scenario del multiverso
secondo il modello di Bousso-Polchinski, il Big Bang rappresenta una
fluttuazione. Un ‘nodo’ compatto, a sei dimensioni, che forma una maglia nel
tessuto dello spaziotempo, improvvisamente prende forma, rilasciando energia
che dà luogo ad una ‘bolla’ di spazio e di tempo. La maggior parte degli
universi che vengono creati in questo modo sono densi di energia del vuoto.
Essi si possono espandere o collassare così rapidamente che la vita non può
esistere. Ma alcuni universi atipici, dove un processo di autocancellazione
improbabile determina un valore molto piccolo della costante cosmologica,
sarebbero come il nostro. In un articolo
scritto da Bousso e dal collega Lawrence Hall della UC a Berkely, gli autori
affermano che la massa del bosone di Higgs ha anche senso nello scenario del
multiverso. Essi scrivono che gli ‘universi-bolla’, che contengono abbastanza
materia visibile se confrontata con la materia scura tale da supportare forme
di vita, molto spesso possiedono particelle supersimmetriche le cui energie si
trovano al di la dei limiti attuali di LHC e una massa del bosone di Higgs
modificata. Allo stesso modo, altri fisici mostrarono nel
1997 che se il bosone di Higgs fosse
5 volte più pesante, ciò eliminerebbe il processo della formazione degli atomi
rispetto all’idrogeno determinando per altre vie un universo senza vita. Nonostante
queste spiegazioni risultino ragionevoli, molti scienziati temono di non raccogliere
tanto dal concetto di multiverso. L’ipotesi degli universi paralleli non può
essere verificata e ancora peggio l’idea di un Universo non naturale resiste ad
ogni sua comprensione. “Senza la
naturalità, perderemo la motivazione di cercare una nuova fisica”, dice
Kfir Blum, un fisico dell’Institute for Advanced Study di Princeton. “Sappiamo che è lì ma non c’è alcun buon
motivo per cui la dovremmo trovare”. Fa da eco l’idea di Randall: “Mi piacerebbe che l’Universo fosse naturale”.
Insomma, le teorie possono
svilupparsi ed evolvere. Dopo aver speso più di un decennio della sua vita
studiando l’ipotesi del multiverso, Arkani-Hamed oggi trova questa idea ancora
più plausibile, un modo cioè per comprendere come funziona il mondo che ci
circonda. Per concludere, il concetto di naturalità potrebbe farcela o potrebbe
costituire una falsa speranza, anche se in una porzione alquanto strana anche
se confortevole del multiverso.
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