domenica 22 febbraio 2015

METI, il dibattito sui messaggi interstellari

Se è vero che una delle domande che si pone da sempre l'umanità, e cioè se siamo soli nell'Universo, rimane ancora senza risposta è anche vero che ci si chiede se vale la pena trasmettere nello spazio dei messaggi interstellari che annuncino la nostra presenza. Forse, come pensa qualcuno, dovremmo solo ascoltare. Comunque sia, da quando è iniziata l'era della ricerca delle intelligenze extraterrestri con il programma SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence), nella maggior parte dei casi i radioastronomi hanno utilizzato solamente delle strategie di ascolto.


Un fotogramma tratto dal film "La Guerra dei Mondi" di S. Spielberg (2005). Credit: Paramount Pictures, DreamWorks SKG, Amblin Entertainment, Cruise/Wagner Productions
Nel 1999, quel consenso venne abbandonato. Senza consultarsi con altri membri della comunità scientifica coinvolti nel progetto di ricerca SETI, un gruppo di radioastronomi guidati da Alexander Zaitsev della stazione di Evpatoria Radar Telescope in Crimea, la seconda per dimensioni grazie ai suoi 70m di diametro, trasmise un messaggio interstellare, chiamato “Cosmic Call 1”, verso quattro stelle vicine di tipo solare (vedi report). Il progetto venne fondato da una azienda americana, la Team Encounter, e si basò su una serie di procedure per permettere al grande pubblico di inviare testi e immagini utilizzando un fee. Altri segnali simili furono trasmessi dalla stazione di Evpatoria nel 2001, nel 2003 (Cosmic Call 2) e nel 2008. In tutto, le trasmissioni vennero inviate verso 20 stelle distribuite entro 100 anni-luce. Questa strategia innovativa fu chiamata METI (Messaging to Extraterrestrial Intelligence) o SETI attivo. Sebbene Zaitsev non fu il primo ad inviare un messaggio interstellare, egli e i suoi colleghi furono comunque i primi a trasmettere sistematicamente verso stelle vicine. Sulla scia degli esperimenti di Evpatoria, un numero limitato di stazioni di ricerca appartenute alla NASA realizzarono una serie di trasmissioni METI come trucchi pubblicitari a scopo commerciale, tra cui un messaggio nel linguaggio Klingon della famosa serie di Star Trek per promuovere la prima di un'opera oppure l'intero remake del film di fantascienza “The Day the Earth Stood Still” del 2008. Le modalità di questi messaggi commerciali non sono state rese pubbliche ma certamente erano troppo deboli per essere rivelate su distanze interstellari utilizzando strumenti analoghi a quelli terrestri. Le azioni intraprese da Zaitsev fecero comunque sollevare un grande dibattito nella comunità scientifica soprattutto per le eventuali conseguenze che tali messaggi interstellari avrebbero potuto causare all'umanità. A questo dibattito fu dedicato uno speciale dal Journal of the British Interplanetary Society che portò nel 2010 all'organizzazione di un congresso sponsorizzato dalla Royal Society a Buckinghamshire, Londra.

Il SETI moderno ebbe inizio nel 1959 quando due astrofisici, Giuseppe Cocconi e Phillip Morrison, pubblicarono un articolo sulla prestigiosa rivista Nature dal titolo Searching for Interstellar Communications. Essi dimostrarono come i radiotelescopi dell'epoca fossero in grado di ricevere dei segnali trasmessi da qualche civiltà aliena situata a distanze tipiche delle stelle più vicine, cioè qualche centinaia di anni-luce. Alcuni mesi più tardi, l'astronomo Frank Drake puntò il vecchio radiotelescopio di 26m di Green Bank nella West Virginia verso due stelle vicine per condurre il cosiddetto Progetto Ozma, il primo esperimento di ascolto SETI. Morrison, Drake e il giovane Carl Sagan ipotizzarono che le civiltà extraterrestri avrebbero fatto il loro meglio per trasmettere potenti segnali radio annunciando così la loro presenza. Dunque, gli umani, come una sorta di "nuovi residenti cosmici" che avevano appena inventato i radiotelescopi, avrebbero cercato e ascoltato questi eventuali segnali radio di origine extraterrestre. Non c'era alcun bisogno di prendersi dei rischi, anche se piccoli, di rivelare la nostra presenza ad alieni potenzialmente ostili. Nel 1974, Drake e Sagan idearono un breve messaggio, composto da 1679 bit, che fu trasmesso dal gigantesco radiotelescopio di 305m di Arecibo in Porto Rico. Questo esperimento non fu considerato come un vero e proprio tentativo di trasmissione interstellare e fu inviato appositamente verso un ammasso stellare M13 distante, situato a 25000 anni-luce nella costellazione di Ercole. Esso aveva lo scopo di dimostrare le nuove capacità dello strumento durante una cerimonia che inaugurava l'inizio delle attività dopo il periodo di manutenzione. 

Negli anni '80 e '90, gli astronomi del SETI iniziarono a formulare un insieme di regole per condurre il loro programma di ricerca. Nel Primo Protocollo SETI si specificava come il contenuto della risposta ad un segnale alieno, confermato attendibile, sarebbe stato preceduto da una consultazione internazionale. Non diceva nulla, invece, sulle modalità della trasmissione inviata prima della scoperta di un segnale di origine extraterrestre. Un Secondo Protocollo SETI doveva affrontare quel tema ma con le critiche che emergevano qualcosa andò storto. David Brin, uno scienziato spaziale, consulente visionario e scrittore di fantascienza, fu tra coloro che parteciparono alle discussioni sui contenuti del protocollo. Brin accusa il gruppo centralizzato attorno all'Istituto SETI nella Silicon Valley in California, tra cui Jill Tarter e Seth Shostak, di creare delle "interferenze" per indurre altri, come il radioastronomo russo Zaitsev, a sviluppare e ad insistere con l'invio di messaggi interstellari. Ma Shostak nega tutto ciò e non vede alcun criterio per regolare tali trasmissioni. Brin, assieme a Michael A. G. Michaud, un diplomatico e precedente U.S. Foreign Service Officer, che fu presidente del comitato che aveva formulato il primo e il secondo protocollo, e John Billingham, inizialmente a capo del breve programma SETI della NASA, si dimisero dal comitato per protestare contro le modifiche al secondo protocollo. 

I fondatori del SETI avevano comunque un sentimento benigno per quanto riguarda le intelligenze extraterrestri. Lo stesso Sagan ipotizzava che le civiltà extraterrestri (ETC) più vecchie della nostra sarebbero diventate, sotto la pressione necessaria, pacifiche e responsabili perché quelle che non l'avrebbero fatto si sarebbero autodistrutte. Gli extraterrestri, essi supposero, sarebbero stati coinvolti nelle trasmissioni interstellari a causa di un loro desiderio di condividere la loro conoscenza e imparare dagli altri. Essi supposero, inoltre, che gli ETC avrebbero stabilito delle trasmissioni potenti in tutte le direzioni in modo da assistere gli altri a trovarli e a far parte di una rete di comunicazione interstellare al livello galattico. In tal senso, la maggior parte dei programmi del SETI sono stati ottimizzati proprio per rivelare queste eventuali, continuative trasmissioni. Nel corso di oltre cinquant'anni, da quando sono iniziate le attività del SETI, le ricerche sono state condotte in maniera sporadica e sono state soggette a costanti problemi di fondi. Finora, è stato a malappena campionato lo spazio su tutte le possibili direzioni e frequenze e sono state prese in considerazione solo alcune strategie di ricerca. L'assenza di una ovvia evidenza relativa all'individuazione di una civiltà extraterrestre ha portato qualcuno ad introdurre il cosiddetto “Grande Silenzio”. Secondo Brin, forse qualcosa sta mantenendo la soglia di contatto degli ETC al di sotto della nostra capacità di osservazione. In altre parole, se le civiltà aliene sono silenti, potrebbe darsi che essi sono a conoscenza di qualcosa di pericoloso che noi non sappiamo? Zaitsev crede che tali paure non siano fondate e che anche le altre civiltà aliene potrebbero essere riluttanti a trasmettere dei segnali nello spazio interstellare. Secondo lo scienziato russo, l'umanità potrebbe spezzare questo silenzio trasmettendo dei messaggi verso i suoi vicini cosmici. Egli paragona l'attuale stato dell'umanità a quello di un uomo intrappolato in una cella di una prigione: non si può vivere in una sorta di incubatrice senza aver diritto di inviare un messaggio all'esterno, perché questa vita non è interessante. La conclusione è che quelle civiltà che si nascondono a causa di potenziali paure sono destinate all'estinzione. Egli fa notare come negli anni '60, l'astronomo Sebastian von Hoerner ipotizzava che le civiltà aliene che non sono interessate nelle comunicazioni interstellari alla fine subiscono un declino mediante una sorta di “perdita d'interesse”.

I dubbi sollevati dai critici del METI riguardano il problema della trasmissione dei messaggi interstellari e quale potrebbe essere il contenuto di quelle trasmissioni. D'altra parte, Shostak sottolinea come i segnali trasmessi dalla radio, dalla televisione o dai militari sono già presenti nello spazio interstellare. Anche se tali segnali sono molto deboli per essere rivelati su scale interstellari con l'attuale tecnologia che abbiamo a disposizione, Shostak è convinto che con il rapido progresso che porterà alla costruzione di radiotelescopi sempre più sofisticati gli ETC, dotati di una tecnologia ancora più avanzata e avanti di qualche centinaio di anni rispetto alla nostra, potrebbero essere in grado di rivelare i nostri segnali. Secondo Billingham e James Benford (Interstellar Beacons - SETI Talks) per tener conto di questo gap occorrerebbe un'antenna con una superficie di oltre 20000 chilometri quadrati, più grande della città di Chigaco, il cui costo con l'attuale tecnologia sarebbe dell'ordine di 60 trilioni di dollari. Ma Shostak sostiene che qualche civiltà tecnologicamente avanzata potrebbe possedere delle tecniche più esotiche. Se un telescopio fosse posto a 550 volte la distanza Terra-Sole (150 milioni di Km), esso sarebbe in una posizione tale da utilizzare il campo gravitazionale del Sole come una gigantesca lente. Ciò gli darebbe un'area effettiva enormemente più grande della città di Chigago senza alcun costo. Secondo Shostak, uno strumento del genere permetterebbe ad una civiltà aliena di ascoltare varie trasmissioni terrestri e nella banda del visibile di avere una sensibilità adeguata per catturare addirittura la luce dei lampioni stradali, una idea intrigante anche secondo Brin. Se poi una civiltà aliena fosse in grado di viaggiare nello spazio, essa sarebbe talmente avanzata da farci potenzialmente del male. Non si può pretendere che il nostro attuale livello di attività rispetto all'uso di eventuali trasmissioni di segnali SETI sia più sicuro. Se il pericolo esiste, siamo già vulnerabili, secondo Shostak. Senza avere chiari mezzi per dire ciò che una civiltà aliena può o non può rivelare, Shostak sostiene che la comunità scientifica del programma SETI non abbia nulla di concreto per contribuire ad una regolamentazione dei messaggi interstellari.

Ma davvero gli extraterrestri potrebbero farci del male? Nel 1897, H.G. Wells pubblicò un romanzo di fantascienza dal titolo “La Guerra dei Mondi” in cui la Terra veniva invasa dai marziani che abbandonavano il loro mondo ormai arido e in fin di vita. Al di là di essere scientificamente plausibile per quei tempi, il romanzo di Wells conteneva un messaggio politico. Come oppositore del colonialismo britannico, Wells desiderava che i suoi concittadini immaginassero quale tipo di imperialismo potesse emergere dall'altra parte. Da quel momento, le storie sulle invasioni aliene sono state quasi sempre protagoniste di film di fantascienza. Alcuni considerano il colonialismo europeo come un possibile modello che gli alieni potrebbero utilizzare per sottomettere la razza umana. L'eminente fisico Stephen Hawking ritiene che le civiltà estremamente avanzate potrebbero già conoscere le modalità di un viaggio interstellare. Secondo lo scienziato inglese, se gli alieni visitassero la Terra, le conseguenze sarebbero come quelle di Cristoforo Colombo che quando scoprì l'America non ebbe un buon riscontro dai nativi americani. Nonostante le paure di Hawking possano considerarsi come “semplici e improbabili speculazioni”, Brin fa notare che i viaggi interstellari di sonde automatizzate sono completamente fattibili e che tali sonde potrebbero arrecare in qualche modo dei danni al nostro pianeta. Ad esempio, una sonda potrebbe deviare un asteroide verso la Terra, perciò la lista di scenari improbabili ma fisicamente possibili è abbastanza lunga, secondo Brin. I critici del METI, Brin, Benford e Billingham, ritengono che la mancanza di risultati da parte del SETI implica una sorta di risposta differente al tema del METI. Essi chiedono l'individuazione di nuove strategie di ricerca. Ma i ricercatori del SETI assumono che gli alieni utilizzeranno dei fasci stazionari a trasmissione continua in tutte le direzioni al fine di attirare la nostra attenzione, anche se alcuni studi recenti hanno mostrato che questo metodo non è economicamente conveniente. Invece, una civiltà aliena potrebbe compilare una lista di pianeti potenzialmente abitabili presenti nel suo vicinato cosmico a cui inviare il proprio messaggio. Questa trasmissione, detta “ping”, potrebbe essere costantemente ripetuta, in sequenza, una volta all'anno oppure ogni dieci anni o ancora ogni mille anni. Ma secondo Benford e Billingham il SETI potrebbe perdersi questo tipo di segnale. L'Allen Telescope Array (ATA) è stato concepito per esplorare piccole porzioni di cielo, cioè lo spazio sotteso da una stella come il Sole, per cercare eventuali segnali trasmessi in sequenza e in maniera costante. Naturalmente, lo strumento potrebbe perdersi un segnale transiente perché sarebbe improbabile osservare nel posto giusto e al momento giusto. Da questo punto di vista, i messaggi di Evpatoria, che sono stati trasmessi per meno di un giorno, sono degli esempi di segnali transienti. Benford e Billingham propongono la costruzione di un nuovo radiotelescopio per monitorare costantemente il piano galattico, dove le stelle sono più numerose, alla ricerca di segnali transienti. Un tale strumento, essi stimano, costerebbe circa 12 milioni di dollari mentre un programma METI ne costerebbe qualche miliardo di dollari. 

Insomma, il dibattito METI continua. Lo scorso 13 Febbraio le due fazioni si sono confrontate durante l'American Association for the Advancement of Science conference a San Jose in California sul tema Active SETI: Is It Time To Start Transmitting to the Cosmos? Secondo Brin, questo è un campo della ricerca dove le opinioni contano e ognuno ha la sua. Durante il meeting, un gruppo di 28 scienziati, studenti e uomini d'affari ha stilato una dichiarazione secondo cui la decisione di trasmettere o meno dovrà basarsi sul consenso internazionale e non sulla decisione o sui desideri di pochi che hanno accesso a potenti strumenti di comunicazione.

J. Benford, J. Billingham, D. Brin, S. Dumas, M. Michaud, S. Shostak, A. Zaitsev, (2014) Messaging to Extraterrestrial Intelligence special section, Journal of the British Interplanetary Society, 67, p. 5-43

D. Brin, Shouting at the cosmos: How SETI has taken a worrisome turn into dangerous territory.
F. Cain (2013) How could we find aliens? The search for extraterrestrial intelligence (SETI), Universe Today

E. Hand (2015), Researchers call for interstellar messages to alien civilizations, Science Insider, Science Magazine

P. Patton (2014) Communicating across the cosmos, Part 1: Shouting into the darkness, Part 2: Petabytes from the Stars, Part 3: Bridging the Vast Gulf, Part 4: Quest for a Rosetta Stone, Universe Today


C. Ruscica - SETI, entro vent'anni il primo contatto


C. Ruscica - Ascoltando il cosmo… – SETI, la ricerca di segnali intelligenti (conferenza Planetario Milano)

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